Il Dipartimento Storico "DUE SICILIE”, nato in seno all'Ass. Culturale "Esperide",
si prefigge una rivisitazione del grande patrimonio storico-culturale del Mezzogiorno d'Italia.
Un viaggio alla riscoperta della memoria dal 1130 al 1860, con particolare interesse al periodo florido
che vede la Real Casa di Borbone sul trono delle Due Sicilie.

COMUNICAZIONI

Sono aperte le iscrizioni per l'anno 2011/12. La quota associativa è di €20,00. Ad ogni iscritto sarà consegnato il libro "Savoia e il massacro del Sud" di Antonio Ciano. I soci, si riuniscono ogni primo Martedì del mese (h: 18,00), decidendo in quella sede incontri straordinari.

giovedì 25 novembre 2010

267° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DELL'ESERCITO DELLE DUE SICILIE 25 NOV. 1745

Carlo di Borbone, salito al trono di Napoli nel 1734, convinto che per la sicurezza del suo Regno era più adatta la forza della religione che quella delle armi, istituì i famosi dodici Reggimenti Provinciali solo il 25 novembre del 1743, composti da soldati napoletani, a fianco di reggimenti con soldati svizzeri, valloni e spagnoli. Inizialmente come Capitano Generale si scelse lo spagnolo Duca di Charny, e solo nel 1740 fu nominato il napoletano Francesco d’Eboli, Duca di Castropignano, che diede inizio al reclutamento e la formazione di reparti definiti “nazionali”, tanto che già nella battaglia di Velletri contro gli austriaci, si distinse un reggimento “nazionale”, quello di Terra di Lavoro.
L’esercito delle Due Sicilie nella sua storia si era fatto ammirare per il valore sul campo come ben dimostrano la battaglia di Velletri, quella di Tolone contro i rivoluzionari francesi e tutte quelle combattute dalla cavalleria guidata da Murat. Napoleone la giudicava la migliore del mondo e chiamava i suoi membri “diavoli bianchi”, fino alle mirabili gesta delle battaglie di Capua, del Volturno e le eroiche resistenze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto. Agli avvenimenti del 1860-1861, vedranno la fine del Regno, le forze armate duosiciliane si presentarono forti di 100.000 uomini. Come è noto, non bastarono a salvare il Regno né il ricordo di un esercito e di una marina un tempo prestigiosi.

Pio IX benedice l'Esercito dal Palazzo Reale di Napoli (1849)



Del modo di atteggiarsi dei napolitani e siciliani durante
l’esecuzione dell’Inno del Re del Regno delle Due Sicilie.

Come altri frammenti preziosi dell'identità Napolitana, l'Inno di Paisiello era quasi introvabile e soprattutto mancava una versione completa del testo; infatti dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna le partiture dell’inno furono quasi tutte distrutte dagli invasori piemontesi. Nel corso degli anni l'Inno di Paisiello ha addirittura subito la disinformazione storica, mettendone in discussione la paternità, scambiando Paisiello con Cimarosa.

“L’ Inno del Re”, di Paisiello fu ritrovato in un fondo di spartiti appartenuti alla famiglia del Principe Folco Ruffo di Palazzolo (1801-1848), che fu ambasciatore delle Due Sicilie a Torino ed in Svizzera.

Quando si eseguiva l’inno di Paisiello, i napolitani ed i siciliani differenziandosi da qualsiasi altro popolo del mondo, per celebrarlo, poggiavano sul petto la mano destra chiusa a pugno e girando il braccio in maniera tale che solo il pollice veniva a contatto col cuore.

Del passato dovremmo riprendere i fuochi, e non le sue ceneri.

- Jean Juarès -

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