L’8 Dic. 1861 a Tagliacozzo (Aq), s'infranse il sogno del generale Don José Borjès e dei suoi compagni di restituire a Francesco II il trono del Regno delle Due Sicilie. Catturati da soldati italiani al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesso giorno. Josè Borgès, catalano, nelle guerre civili fu arruolato in Francia dai Comitati borbonici duosiciliani, nel suo paese aveva grande fama di coraggioso, di audace, di energico. Borges accettò con entusiasmo la proposta dei comitati borbonici di recarsi nell'Italia meridionale per dare organizzazione militare agli insorti e assumerne il comando, ma si accorse ben presto che le capacità organizzative dei comitati non erano all'altezza dell'impresa. Quando, nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1861, sbarcò, con 18 spagnoli e 2 napoletani, sulla spiaggia di Gerace, nei pressi di Capo Spartivento, non solo non trovò ad attenderlo i duemila uomini ben armati che gli erano stati promessi, e il paese giaceva sotto la cupa violenza di una feroce repressione.
Nonostante la delusione Borges volle persistere nell'impresa, utilizzando il migliaio di uomini che al comando di Carmine Donatello Crocco di Rionero, pur costretti dalla controffensiva "piemontese" ad abbandonare i maggiori centri abitati, tenevano sotto controllo un vasto territorio fra Calabria e Lucania. Tuttavia Borges era troppo buon cristiano e troppo soldato per tollerare l'eccessiva inclinazione alla violenza e al saccheggio di Crocco, che considerava un brigante e che, a sua volta, mal sopportava di obbedire ad un forestiero con troppi scrupoli. Il fallimento, dopo alcuni illusori successi, del tentativo di prendere Potenza per insediarvi un governo provvisorio rese inevitabile la separazione. Crocco, in vista dei difficili approvvigionamenti invernali, suddivise l'armata contadina in piccoli gruppi; Borges, con una dozzina di spagnoli e otto "duosiciliani", prese la via di Roma per fare rapporto al re. Il viaggio, con freddo intenso fra le montagne abruzzesi coperte di neve, è reso ancora più duro dalla necessità di evitare le pattuglie di bersaglieri e guardie nazionali. Nella tarda notte fra il 7 e l'8 dicembre nei pressi di Tagliacozzo, a quattro miglia dal confine pontificio, la salvezza è a portata di mano, ma i napoletani, che non hanno cavalcature, non sono in grado di proseguire. Per non abbandonarli il generale ordina una breve sosta alla cascina Mastroddi in località La Lupa. La decisione segna il destino di tutti. Poche ore dopo la cascina è circondata dai bersaglieri del maggiore Enrico Franchini. Nello scontro cadono tre spagnoli. Gli altri sono costretti ad arrendersi dopo che il maggiore ha fatto appiccare il fuoco ai piani bassi della fattoria. Da soldato, Borges porge la spada al maggiore che, sprezzante, la rifiuta. I prigionieri sono trasportati a Tagliacozzo e qui, verso le otto della sera, frettolosamente fucilati. Il Franchini concede un confessore, ma nega la fucilazione al petto. Lo spagnolo Pedro Martinez chiede un foglio e, anche a nome dei compagni, scrive un ultimo messaggio: «Gesù e Maria. Noi siamo tutti rassegnati ad essere fucilati. Addio. Ci ritroveremo nella valle di Giosafat; pregate per tutti noi». La scarica dei fucili tronca le preghiere recitate ad alta voce dai condannati. (L’8 Dic. 1861 a Tagliacozzo (Aq), s'infranse il sogno del generale Don José Borjès e dei suoi compagni di restituire a Francesco II il trono del Regno delle Due Sicilie. Catturati da soldati italiani al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesso giorno della cattura. Josè Borgès, catalano, nelle guerre civili fu arruolato in Francia dai Comitati borbonici, nel suo paese aveva fama di coraggioso, di audace, di energico. Borges accettò con entusiasmo la proposta dei comitati borbonici di recarsi nell'Italia meridionale per dare organizzazione militare agli insorti e assumerne il comando, ma si accorse ben presto che le capacità organizzative dei comitati non erano all'altezza dell'impresa. Quando, nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1861, sbarcò, con 18 spagnoli e 2 napoletani, sulla spiaggia di Gerace, nei pressi di Capo Spartivento, non solo non trovò ad attenderlo i duemila uomini ben armati che gli erano stati promessi, e il paese giaceva sotto la cupa violenza di una feroce repressione. Nonostante la delusione Borges volle persistere nell'impresa, utilizzando il migliaio di uomini che al comando di Carmine Donatello Crocco di Rionero, pur costretti dalla controffensiva "piemontese" ad abbandonare i maggiori centri abitati, tenevano sotto controllo un vasto territorio fra Calabria e Lucania. Tuttavia Borges era troppo buon cristiano e troppo soldato per tollerare l'eccessiva inclinazione alla violenza e al saccheggio di Crocco, che considerava un brigante e che, a sua volta, mal sopportava di obbedire ad un forestiero con troppi scrupoli. Il fallimento, dopo alcuni illusori successi, del tentativo di prendere Potenza per insediarvi un governo provvisorio rese inevitabile la separazione. Crocco, in vista dei difficili approvvigionamenti invernali, suddivise l'armata contadina in piccoli gruppi; Borges, con una dozzina di spagnoli e otto "duosiciliani", prese la via di Roma per fare rapporto al re. Il viaggio, con freddo intenso fra le montagne abruzzesi coperte di neve, è reso ancora più duro dalla necessità di evitare le pattuglie di bersaglieri e guardie nazionali. Nella tarda notte fra il 7 e l'8 dicembre nei pressi di Tagliacozzo, a quattro miglia dal confine pontificio, la salvezza è a portata di mano, ma i napoletani, che non hanno cavalcature, non sono in grado di proseguire. Per non abbandonarli il generale ordina una breve sosta alla cascina Mastroddi in località La Lupa. La decisione segna il destino di tutti. Poche ore dopo la cascina è circondata dai bersaglieri del maggiore Enrico Franchini. Nello scontro cadono tre spagnoli. Gli altri sono costretti ad arrendersi dopo che il maggiore ha fatto appiccare il fuoco ai piani bassi della fattoria. Da soldato, Borges porge la spada al maggiore che, sprezzante, la rifiuta. I prigionieri sono trasportati a Tagliacozzo e qui, verso le otto della sera, frettolosamente fucilati. Il Franchini concede un confessore, ma nega la fucilazione al petto. Lo spagnolo Pedro Martinez chiede un foglio e, anche a nome dei compagni, scrive un ultimo messaggio: «Gesù e Maria. Noi siamo tutti rassegnati ad essere fucilati. Addio. Ci ritroveremo nella valle di Giosafat; pregate per tutti noi». La scarica dei fucili tronca le preghiere recitate ad alta voce dai condannati. (dal sito: storialibera.it)
Ecco il testo delle istruzioni che ricevette dal generale Clary. L'originale scritto in francese, e sottoscritto dal generale borbonico, trovasi oggi a Torino nell'archivio del ministero degli affari esteri.
ISTRUZIONI AL GENERALE BORGÈS
All'oggetto di animare e proteggere i popoli delle Due Sicilie traditi del governo piemontese che li ha oppressi e disingannati (détrompés); Per secondare gli sforzi di questi popoli generosi che richiedono il loro legittimo Sovrano e padre; Per impedire l'effusione di sangue dirigendo il moto nazionale; Per impedire le vendette private che potrebbero condurre a funeste conseguenze; Il signor generale Borgès si recherà nelle Calabrie per proclamarvi l'autorità del legittimo re Francesco II. In conseguenza osserverà le istruzioni seguenti, bene inteso, che le modificherà secondo le circostanze e la prudenza, perché è impossibile stabilire regole fisse, ma soltanto i principii generali che determineranno la sua condotta.
1°. Dopo aver riunito il maggior numero di uomini che potrà in ragione dei mezzi che gli verranno forniti, il signor generale s'imbarcherà per rendersi a un punto di sbarco sulle coste di Calabria, che possa offrire minori pericoli ed ostacoli.
2°. Appena egli si sarà impadronito di qualsiasi luogo e dopo aver preso le precauzioni militari più adatte, vi stabilirà il potere militare di Francesco II colla sua bandiera. Nominerà il sindaco, gli aggiunti, i decurioni e la guardia civica. Sceglierà sempre uomini di una completa devozione al Re e alla Religione, prendendo cura speciale di evitare gli individui, che sotto le apparenze di devozione, non vogliono che soddisfare ai loro odii e alle loro vendette private; cosa che in tutti i tempi ha meritato la speciale attenzione del governo, attesa la fierezza di quelle popolazioni.
3°. Il generale proclamerà il ritorno alle bandiere di tutti i soldati, che non hanno ancora compiuto il termine di servizio, e di coloro che vorranno volontari servire il loro amatissimo sovrano e padre. Avrà cura di dividere i soldati in due categorie: 1° quelli che appartenevano ai battaglioni dei Cacciatori; 2° quelli dei reggimenti di linea e d'altri corpi. Aumentando il loro numero, formerà i quadri delle armi diverse, artiglieria, zappatori, infanteria di linea, gendarmeria e cavalleria. Avrà cura di non ammettere antichi officiali, in proposito de' quali riceverà ordini speciali. Darà il comando de' diversi corpi agli officiali stranieri che l'accompagnano; sceglierà un officiale onesto e capace, che sarà il Commissario di guerra, e successivamente officiali amministrativi e sanitari. Il generale Clary invierà poco a poco delle guide di Borbone, che, sebbene armate di carabina, serviranno da officiali d'ordinanza e di stato maggiore. I battaglioni saranno di quattro compagnie; aumentando le forze, verranno portate a Otto. L'organamento definitivo di questo corpo sarà stabilito da S.M. il Re. I battaglioni prederanno i seguenti nomi: 1° Re Francesco; 2° Maria-Sofia; 3° Principe Luigi; 4° Principe Alfonso. La loro uniforme sarà simile al modello che invierà il Generale Clary.
4°. Appena egli avrà una forza sufficiente, comincerà le operazioni militari.
5° Avendo per scopo la sommissione delle Calabrie, questo fine sarà raggiunto quando esse saranno assoggettate. il generale Borgès farà noto al generale Clary tutti i suoi movimenti, i paesi che avrà occupato militarmente, le nomine dei funzionari da lui fatte in modo provvisorio, riservandone l'approvazione, la modificazione e il cambiamento alla sanzione reale.
6°. Non nominerà i governatori delle province, perché S.M. per mezzo del generale Clary invierà le persone che debbono sostenere questi alti uffici. Il generale si darà cura di ristabilire i tribunali ordinari, escludendo coloro che senza dare la loro dimissione son passati al servizio dell'usurpatore. Il generale Borgès potrà far versare nella cassa della sua armata tutte le somme di cui avrà bisogno, redigendo ogni volta de' processi verbali regolari. Si servirà di preferenza: l° delle casse pubbliche; 2° dei beni de' corpi morali; 3° dei proprietari che hanno favorito l'usurpatore.
7°. Farà un proclama, del quale manderà copia al generale Clary, e prometterà in nome del Re un'amnistia generale a tutti i delitti politici. Quanto ai reati comuni, saranno deferiti ai tribunali. Farà intendere che ognuno è libero di pensare come più gli piace, purché non cospiri contro l'autorità del Re e contro la dinastia. Un proclama stampato sarà inviato dal generale Clary per esser pubblicato appena sbarcherà in Calabria.
8°. All'oggetto di evitare la confusione e gli ordini dubbi, resta in massima stabilito che il generale Borgès e tutti coloro che dipendono da lui, non obbediranno che agli ordini del generale Clary, anche quando altri si facessero forti di ordini del Re. Questi ordini non gli giungeranno che per mezzo del generale Clary. Gli ordini che il generale e i suoi sottoposti non dovranno seguire, anche provenienti dal generale Clary, sono soltanto quelli che tenderebbero a violare i diritti del nostro augusto Sovrano e della nostra augusta Sovrana e della loro dinastia. In questi tempi al primo splendido successo, il generale Borgès si vedrà circondato da generali e da officiali che vorranno servirlo; egli li terrà tutti lontani, perché S. M. gli manderà gli officiali che essa stimerà degni di tornare sotto le bandiere.
9°. In Calabria debbono esservi molte migliaia di fucili, e di munizioni. Il generale Borgès li farà restituire immediatamente al deposito di Monteleone; e punirà severamente ogni individuo che non ne facesse consegna dentro un breve spazio di tempo. La fonderia di Mongiana, le fabbriche d'armi di Stilo e della Serra saranno immediatamente poste in attività.
10°. Il signore generale Borges farà le proposizioni per gli avanzamenti e le decorazioni per gli individui, che più si distingueranno nella campagna.
11°. Avrà i più grandi riguardi per i prigionieri, ma non darà ad essi libertà, né lascierà liberi gli officiali sotto la loro parola. Se un individuo commette insolenze o offende i prigionieri nemici, sarà giudicato da un Consiglio di guerra subitaneo e immediatamente fucilato. Il signor generale Borgès non ammetterà scuse in questo proposito; pure di fronte ai Piemontesi userà del diritto di rappresaglia.
12°. Di ogni modificazione che l'urgenza e le circostanze renderanno necessaria alle presenti istruzioni sarà reso conto al generale Clary.
Marsiglia, 5 luglio 1861.
G. CLARY
PS. - Non appena avrete riunita la vostra gente a Marsiglia o altrove, e sarete pronto ad imbarcare in ordine alle relazioni e all'aiuto de' nostri amici di Marsiglia, voi mi scriverete per telegrafo a Roma, posto che io mi ci trovi sempre, ne' seguenti termini: Langlois, Via della Croce, 2.Giuseppina gode sanità, si rimette parte del giorno ………. (dal sito: brigantaggio.net)